La Senavra: un edificio che nella sua storia è stato adibito agli usi più disparati, passando da villa a manicomio a chiesa. E ancora un modo di dire, un fantasma e prima ancora un’antica zona alle porte di Milano. Tutto questo è racchiuso in un unico nome e di questo racconteremo oggi. Quindi iniziamo questo viaggio, alla scoperta della Senavra.
- Dove siamo
- Gli inizi
- Origine del nome
- La villa
- La Senavra dei Gesuiti
- La Senavra manicomio
- La Senavra degli indigenti
- La chiesa provvisoria
- La chiesa attuale
- Il vecchio della Senavra
Dove siamo
Ci troviamo in corso XXII marzo, al civico 50, facilmente raggiungibile con una passeggiata di una ventina di minuti partendo dalla nostra sede in via Gustavo Modena. Qui, poco prima del cavalcavia di viale Forlanini, sorge la chiesa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo. Questo imponente edificio in mattoni, che assomiglia più ad un palazzo che ad una chiesa, si staglia in una via che è importante snodo viario, in direzione dell’aeroporto di Linate e delle tangenziali che corrono intorno alla città, in un susseguirsi di esercizi commerciali, ipermercati e numerosi bar e ristoranti. E proprio questo è l’edificio del nostro racconto.
Chiesa parrocchiale del Preziosissimo Sangue di Gesù, corso XXII marzo
Gli inizi
Qui, all’epoca di cui stiamo parlando, era altro scenario: appena fuori Porta Tosa, fuori dall’abitato cittadino. Agli inizi del ‘500 questo stesso quartiere, che ora siamo abituati a vedere ingolfato dal traffico, era ammasso di miseri tuguri, circondato da boscaglia, con un corso d’acqua che univa il Naviglio con il Lambro e che era adibito a fosso dei lavandai. Unica oasi di solennità era rappresentata dal monastero di San Pietro in Gessate dei frati Umiliati, che qui avevano iniziato le loro opere di bonifica ( Qui un approfondimento sulle opere monastiche )
Con lo scorrere degli anni, questa zona venne progressivamente fatta oggetto di quelle che oggi siamo abituati a chiamare opere di riqualifica, diventando una zona ambita per il lussureggiare dei campi e la vicinanza dei molti corsi d’acqua. Una zona talmente bella da essere scelta dai Gonzaga per costruirvi la loro dimora campestre.
Origine del nome
L’etimologia del nome Senavra è ancora avvolta nel mistero, conferendo ulteriore fascino alla storia che andiamo raccontando. Diversi sono i fili interpretativi che si attorcigliano tra loro, dando origine a una matassa difficile da snodare. Nel dialetto milanese dell’epoca, ormai quasi scomparso, senavra è infatti la sinapis alba, una pianta di senape che i Gesuiti avrebbero piantato ai piedi dell’edificio che li ospitava. Ma c’è anche un altro filo da seguire, che riporta il nome a “Sinus Averanus” una palude che si trovava nelle vicinanze, ai piedi del monte dei Lupi.
“Sinus Averanus“ Sinapis alba
La villa
Ma anche sull’origine dell’edificio le certezze sono poche: alcune fonti ritengono che capostipite della Senagra sia stata la villa che Ferrante Gonzaga si fece costruire nel 1548 dal suo architetto prediletto, Domenico Giunti. C’è da ricordare che proprio Gonzaga diede slancio alla riqualifica della città, ponendo in essere una serie di opere di riforma dei territori ma soprattutto iniziando la costruzione delle mura spagnole (Qui approfondimento sulle mura di Milano). Alla morte di Gonzaga nel 1557, la villa in località Senavra passò al primogenito Cesare che la vendette con tutte le sue pertinenze a don Giorgio Manrique di Lara, nobile castigliano molto in auge presso la corte imperiale. A partire dal 1567, poi, una schiera di nobili ed ecclesiastici avrebbe occupato la villa tra questi i Pallavicini Trivulzio sotto i quali venne ospitata anche un’osteria che godette di una certa fama per qualche anno. Infine il complesso venne assegnato ai Gesuiti nel 1695. E proprio la stima fatta in occasione di questa vendita ha consegnato a noi posteri una descrizione dell’aspetto della Senavra, almeno sul finire del Seicento. Dalla strada maestra detta strada della Malpaga o di Monluè, si accedeva, attraverso un ponticello, alla porta che immetteva nella corte, con porticato e loggia superiore, entrambi con colonne in pietra viva. Al piano nobile sopra l’andito vi era una galleria, l’oratorio e una lunga fila di sale e stanze tutte dipinte e dotate di camini di marmo. Vero gioiello della villa era il giardino delle rose, con colombaie tra i cespugli e cinto da un muro in cui si aprivano delle finestre con inferriate.
Ritratto di Ferrante Gonzaga Ritratto di Domenico Giunti Osteria della Senavra
La Senavra dei Gesuiti
È proprio con il 1695 che le notizie sulla Senavra iniziano a farsi documentabili storicamente. Da fonti certe i Gesuiti si trasferirono qui nel 1698, ribattezzando l’edificio “scena aurea” tenendovi per più di settant’anni una casa di esercizi spirituali assiduamente frequentata. Bisogna infatti tenere presente che questo ordine religioso aveva nel proprio statuto l’obbligo di praticare gli Esercizi Spirituali almeno una volta l’anno nelle case a ciò destinate fra cui primeggiava appunto la Senavra. Durante la permanenza dell’ordine religioso, fra il 1730 ed il 1740, fu costruito il grande edificio gesuitico, la parte più imponente di tutto il complesso.
La Senavra manicomio
Il 1773 segna la temporanea soppressione della Compagnia di Gesù: i Gesuiti dovettero quindi abbandonare l’edificio della Senavra che venne incamerato dal Governo Austriaco e destinato a manicomio con un dispaccio dell’imperatrice Maria Teresa del 5 settembre 1780. La struttura aprì le porte nella notte del 15 settembre 1781, accogliendo i malati precedentemente ospitati presso l’Ospedale di San Vincenzo: si scelse la notte probabilmente per evitare alle anime bello lo spettacolo dei folli in processione. Purtroppo, come spesso accadde in tutti i primi manicomi, qui vennero rinchiusi anche persone sorde, mute o cieche, oltre che bambini con malformazioni fisiche abbandonati dai genitori. Nel 1784 venne costituita una Giunta per la Direzione Generale delle Opere Pie con la concomitante nomina di un Regio Amministratore unico e due anni dopo, nel 1786, la carica di primo Direttore Medico della Senavra fu affidata al Dottor Pietro Moscati. L’assistenza psichiatrica agli albori della sua storia era prevalentemente di contenimento: alla Senavra, come da prassi, il servizio medico comprendeva anche l’uso celle di isolamento e il regime della catena per i malati.
La sistemazione stessa non era decisamente delle migliori: basti considerare che i servizi igienici vennero installati solo nei primi decenni dell’Ottocento. Ma tutto l’edificio non era idoneo per gli scopi cui era stato riconvertito: l’area su cui sorgeva era progressivamente diventata insalubre per la presenza di ristagni d’acqua, al punto che la roggia antistante si era trasformata in uno stagno e si dovettero far tracciare dei canali laterali per farne defluire le acque. Inoltre sebbene l’edificio fosse ampio non era sufficiente per ospitare la quantità di malati che vi venivano rinchiusi: infatti dalla prima metà dell’Ottocento, il numero dei ricoverati alla Senavra andò aumentando, fino a superare i cinquecento ospiti alla metà del secolo. Per far fronte a questo problema, nel 1865 fu aperto il manicomio di Mombello, che, nato come succursale della Senavra, nel 1878 divenne il manicomio unico della provincia di Milano. Ma nell’imaginario milanese il manicomio della Senavra rimase ben presente: ben presto il modo di dire “fenì alla Senevra” divenne parte del gergo milanese come sinonimo di diventare matto.
La Senavra manicomio La Senavra manicomio
La Senavra degli indigenti
Con la chiusura del manicomio, l’edificio della Senavra venne messo in vendita e acquistato dalla Congregazione di Carità con il concorso della Cassa di Risparmio. Venne quindi aperto un ricovero per indigenti senza altra dimora e in seguito anche per tutti coloro che avevano perso la casa a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Sempre qui trovarono riparo fino agli anni ’50 del secolo scorso gli sfrattati.
La Senavra nel 1926 La Senavra degli sfrattati La Senavra degli indigenti
La chiesa provvisoria
Nel 1958 lo stato di degrado del complesso era arrivato a un punto tale da spingere le autorità a trasformare l’edificio in grande chiesa, con annesse opere parrocchiali, per favorire gli abitanti della zona di piazza Grandi. Il progetto era in realtà antecedente, del 1935 per opera dell’allora parroco di Santa Maria del Suffragio, Don Angelo Portaluppi ma dovette essere momentaneamente accantonato a causa del il volgere degli eventi storici con lo scoppio della seconda guerra mondiale. Finita la guerra, con le opere di ricostruzione messe in cantiere, venne ripreso in mano anche il progetto per riqualificare il complesso della Senavra. La piena responsabilità fu affidata a Don Giovanni Giarlanzani, che in seguito sarebbe diventato il primo parroco della nuova chiesa. Per fornire ai fedeli un luogo di culto durante i lavori di costruzione, venne realizzata in brevissimo tempo sul terreno ad ovest della Senavra, una chiesa provvisoria, all’interno di un’autorimessa. Tutti i lavori vennero realizzati nel rispetto delle forme originali, sotto l’occhio attento della Sovrintendenza ai Beni Culturali in quanto l’edificio, pur nel suo degrado, era diventato monumento nazionale.
La chiesa attuale
I lavori di riconversione del complesso della Senavra iniziarono nel 1962, con un progetto ambizioso che prevedeva al posto della chiesa provvisoria (demolita una volta terminata la chiesa definitiva) il cortile destinato alle ragazze dell’oratorio femminile (ospitato nell’ala prospiciente via Cipro), mentre per l’oratorio maschile era destinata l’area posta ad est della Senavra, per una estensione di più di duemila metri quadrati.
Complesso della Senavra dall’alto Cortile oratorio Interno Chiesa attuale