Anche a Milano c’è una Versailles, certo, più piccola e non reggia di imperatori, ma una villa storica, dichiarata monumento nazionale: è villa Arconati, una delle storiche residenze del Parco delle Groane, nella frazione Castellazzo di Bollate e per questo nota anche con il nome popolare Castellazzo. La visita a questa delizia, che si presenta in tutto il suo splendore grazie alla Fondazione Augusto Rancilio, richiede tempo: molto infatti c’è da ammirare, dal giardino alle splendide sale interne.
Storia di villa Arconati
Villa Arconati è, ovviamente, legata alla storia della famiglia omonima: in particolare fu Galeazzo Arconati a promuovere all’inizio del Seicento modifiche architettoniche ad un edificio preesistente, decidendo di trasformare in “villa di delizia” una casa da nobile edificata alla fine del XVI secolo dalla famiglia Cusani. Galeazzo Arconati era una figura di spicco della nobiltà milanese: cugino del cardinale Federico Borromeo, fu un appassionato collezionista d’arte e dilettante d’architettura, anche se forse non così dilettante visto che tra i suoi incarichi risulta anche quello di rettore della Fabbrica del Duomo. Il nuovo palazzo avrebbe dovuto esaltare la ricchezza e la potenza della sua famiglia, accogliendo le notevoli opere d’arte di cui era proprietario che sarebbero qui state esposte per il godimento dei suoi illustri ospiti. Alla morte di Galeazzo nel 1648, furono i suoi discendenti a portare avanti i progetti per la villa. Il nipote nonché genero (confesso un giramento di testa per risalire la catena delle parentele) Luigi Maria Arconati si dedicò alla riqualificazione delle corti rustiche con l’ammodernamento della parte più antica del casamento e alla costruzione di scuderie più ampie rispetto alle precedenti. Con questi interventi si venne a costituire un apparato armonico tra le strutture presenti nel complesso e la villa fatta realizzare da Galeazzo, caratterizzato da proporzioni equilibrate e simmetriche. Fu poi Giuseppe Maria Arconati, figlio di Luigi, ad ampliare la villa, dandole l’aspetto attuale attraverso la costruzione dell’ala sud-est e della nuova facciata sud in stile tardo-barocco lombardo. Fu inoltre sempre Giuseppe Antonio a chiamare i fratelli Galliari, incaricandoli degli affreschi del salone da parata del Piano Nobile. I lavori furono terminati a metà del Settecento, rendendo così villa Arconati una delle più eleganti rappresentazioni del barocchetto lombardo. Con l’estinzione della dinastia degli Arconati, a partire dal 1772 la residenza passò poi di proprietà: prima ai Busca e poi a donna Beatrice Crivelli. Dal 2011 a oggi villa Arconati è sede della Fondazione Augusto Rancilio che dopo interventi di recupero, dal 2015 ha aperto al pubblico le meraviglie di questa residenza. Gli ultimi restauri della villa sono stati effettuati proprio quest’anno e hanno permesso di riportare al suo splendore la meravigliosa Facciata Ovest.
La villa e le sue sale
Il fascino antico di villa Arconati ci rapisce già percorrendo il Viale dei Leoni, l’alberata strada dà accesso a questa elegante residenza, sfolgorante esempio di barocchetto lombardo. Più di 70 sale, tutte mirabilmente decorate, pavimenti in mosaico alla veneziana, infissi dipinti, affreschi e stucchi, esempi del gusto di epoche diverse: ecco cosa ci aspetta, oltrepassando il portone d’ingresso di villa Arconati. Un tuffo negli antichi fasti, degni della Principessa Sissi (il più classico tormentone natalizio): facile immaginare dame dagli splendidi vestiti volteggiare al ritmo dei valzer nella sala da ballo ricca di stucchi e dorature, cavalieri nelle loro scintillanti uniformi sorseggiare vino parlando di politica, capannelli di intellettuali discutere di arte nella sala dei ricevimenti con gli affreschi dei Fratelli Galliari. In questo volo immaginario siamo aiutati dalle opere di Marc’Antonio Dal Re, che con le sue incisioni a colori, ha restituito le immagini e le atmosfere di villa Arconati, ritraendone sia gli interni che gli esterni.
Villa Arconati: incisioni di Marc’Antonio Dal Re Villa Arconati: incisioni di Marc’Antonio Dal Re Villa Arconati: incisioni di Marc’Antonio Dal Re
Iniziamo quindi il nostro viaggio tra le splendide sale di villa Arconati. Partendo dal piano terra, ecco cosa troviamo ad aspettarci:
Il Salone del Museo: recentemente restaurato, con con la statua originale del I secolo d.C. dell’imperatore Tiberio e la volta con i suoi affreschi settecenteschi
Statua imperatore Tiberio
La Biblioteca Arconati: con la sua decorazione a finte architetture del soffitto, nelle sue librerie in noce e aveva il privilegio di conservare, tra i suoi 3000 volumi, i fogli del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, successivamente donati nel 1637 alla Biblioteca Ambrosiana di Milano ma con il vincolo che i manoscritti rimanessero presso la famiglia Arconati fino alla morte di Galeazzo. Anche la prima edizione fiorentina dell’opera di Carlo Goldoni, La putta onorata, dedicata a Giuseppe Antonio Arconati era protetta dalle mura di questa sala.
la Sala Rossa: utilizzata originariamente come sala da gioco, con la sua atmosfera neogotica tardo ottocentesca e l’imponente camino, con affaccio sul portico e sul parterre settecentesco alla francese delle Ballerine.
La sala da ballo: la più grande tra le sale di villa Arconati, con i suoi 200 mq, molto più di un normale appartamento. Queste dimensioni erano necessarie per permettere alle coppie di volteggiare al ritmo della musica suonata dall’orchestra e soprattutto alle dame di muoversi agevolmente, senza rischiare di impigliarsi con i loro vestiti, in uno scintillio di balze e strascichi. E la collocazione di questa sala nell’ala sud-ovest era tattica, consentendo di godere della luce fino a tarda sera nei tramonti estivi (l’illuminazione elettrica arrivò in Villa solo nel 1913). Gli specchi giocano un ruolo importante in questa sala: oltre a mostrare agli ospiti la ricchezza dei padroni di casa (nel ‘700 il loro costo era quasi proibitivo), avevano infatti una funzione strategica. Posizionati lungo le pareti, incastonati da eleganti dorature parietali, di fronte a ciascuno di essi era posizionato un supporto in cui collocare un doppio candelabro. In questo modo gli specchi riflettevano sia la luce delle candele sia quella proveniente dai grandi lampadari a gocce di cristallo posizionati al centro del grande soffitto a volta. Immaginiamoci come dovesse apparire questa sala, quali giochi di luce, di riflessi si realizzavano tra queste pareti durante i balli, avvolgendo i presenti in un’atmosfera da sogno.
Sempre al primo piano sono situate anche le Sale degli Ovali, il gabinetto per la copia del il monumento di Gaston de Foix del Bambaja esponente della corrente classicista nella scultura milanese del Cinquecento (oggi l’opera originale è al Castello Sforzesco di Milano) e la Stanza dell’Aurora che ospita l’affresco più antico di villa Arconati.
Saliamo ora lungo il monumentale scalone e rechiamoci al piano nobiliare di villa Arconati, dove erano ospitati sia l’ala delle dame con la Alcova e la Cappella privata sia gli appartamenti da parata di Giuseppe Antonio Arconati, tra i quali spicca per eleganza e opulenza la Stanza Rosa che, con il retrostante Studiolo Turchino.
Lo scalone di villa Arconati
Villa Arconati, sala turchina Villa Arconati, sala rosa
Anche a questo piano un’infilata di stanze delle meraviglie attende il visitatore stupefatto:
La sala della caccia: l’unica dedicata esclusivamente agli uomini, usata come salotto durante il giorno mentre la notte si trasformava in fumoir, è l’unica della villa a essere dotata di due camini. Le pareti di questo spazio sono elegantemente decorate con stucchi e dorature, che raffigurano grifoni, piccoli putti che giocano con uccellini e scene di caccia legate alla dea Diana. Inoltre sono presenti dipinti di Angelo Maria Crivelli, detto il Crivellone, realizzati appositamente per la sala integrandosi armoniosamente con le altre decorazioni, con i colori scuri dei dipinti che contrastano con il chiarore degli stucchi.
La Sala di Fetonte: probabilmente la più spettacolare di villa Arconati, con il suo l’imponente trompe l’oeil rappresentante il mito di Fetonte realizzato dai Fratelli Galliari, i maggiori scenografi del Teatro Ducale di Milano: la loro scenografia dell’opera ”Europa riconosciuta” di Antonio Salieri inaugurò la Scala di Milano nel 1778.
Tra le altre sale del secondo piano, degne di attenzione sono il Salone della Musica conosciuto anche come “galleria degli stucchi” e una seconda biblioteca, la Biblioteca Busca, con i suoi 675 volumi, perlopiù ottocenteschi, catalogati per la Contessa Luisa Sormani Busca.
Il giardino
Chiamarlo giardino sarebbe riduttivo: con i suoi dodici ettari, i suoi giochi d’acqua e i complessi statuari di enorme pregio. Già solo il progetto svela il fascino del parco di villa Arconati: questo che possiamo considerare un vero e proprio monumento naturale è stato infatti progettato seguendo gli studi del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci. E come vedremo, l’acqua è l’elemento che qui gioca il ruolo di protagonista. Attraversiamo quindi la Limonaia che collega la villa ai corpi del giardino e immergiamoci in questo palcoscenico naturale.
La Limonaia
Per il ristoro e la gioia dei visitatori qui sono stati costruiti non solo sculture e fontane ma anche cosiddetti teatri ossia quinte vegetali o in muratura che inquadrano statue o gruppi scultorei con le loro attrattive acquatiche: il Teatro di Andromeda con la sua pavimentazione a mosaico sotto cui nascevano piccoli zampilli, il Teatro di Diana, dotato di originali meccanismi idraulici e il Teatro di Ercole che celebrando l’elemento maschile celebra la stirpe Arconati. Lungo il giardino sono presenti enormi vasi seicenteschi in terracotta, costruiti dai mastri vasari giunti appositamente da Roma per volontà di Galeazzo Arconati, per contenere pregiate piante di agrumi. Nel corso del ‘600 a villa Arconati le piante di limone erano imprescindibili e se ne trovavano più di 100, i cui frutti erano destinati alla creazione di deliziosi sorbetti, da offrire durante i sontuosi ricevimenti.
teatro di Diana teatro di Ercole teatro di Andromeda
Attardiamoci nei pressi della Fontana del Delfino, perdiamoci nel labirinto di carpini e giungiamo al Teatro Grande, quello “delle Quattro Stagioni”. Da qui la Scalinata dei Draghi accompagna il passaggio dei visitatori, con le sue statue da cui sgorga acqua attraverso un gioco di vasi comunicanti mentre una studiata decorazione a mosaico bianco e nero orna i gradoni della scalinata. Mentre il casino di caccia, una volta ospitato nella zona sud del giardino è andato perduto, è invece ancora visibile la Voliera dove gli Arconati tenevano uccelli esotici e altre specie. Alla fine della nostra passeggiata ecco stagliarsi le Scuderie anch’esse realizzate sulla base della scuderia ideale Leonardesca, con la fontana del dio Nettuno. Tutti i giochi idrici e le complesse architetture idrauliche che abbiamo avuto modo di ammirare sono alimentati dalla Torre delle acque, opera di ingegneria d’avanguardia realizzata Giovanni Gianda.
fontana di Nettuno Scalinata dei draghi fontana del delfino