Tra le mura di villa Litta Borromeo, tra il verde del suo parco, non solo si ritrova l’atmosfera dell’opulenza nobiliare ma anche le impronte degli importanti intellettuali che in questa villa hanno dato vita a importanti salotti culturali. A villa Litta Borromeo ci aspetta un’esperienza unica, durante la quale i nostri occhi saranno riempiti dalle bellezze architettoniche e naturali, dove potremmo toccare con mano l’evoluzione dello stile e del gusto nel corso delle diverse epoche storiche. Non a caso, le bellezze di questa villa sono state cantate da artisti quali Stendhal, Ugo Foscolo, Carlo Porta e Cesare Cantù. Qui sono racchiusi infatti cinque secoli di storia, il cui passaggio che non ha segnato sul fascino di villa Litta Borromeo ma anzi, se possibile, lo hanno addirittura accresciuto.

  1. La storia
  2. La villa
  3. Il giardino
  4. Come arrivare
  5. Approfondimenti

La storia

È il 1585 quando il conte Pirro I Visconti Borromeo, ispirato dalle ville toscane, decise di rivoluzionare il suo possedimento agricolo di Lainate, destinato a ‘riposteria’ di prodotti agricoli, trasformandolo in una residenza di sublime bellezza. Per il suo ambizioso progetto si affidò alle mani dei più grandi artisti dell’epoca: l’architetto Martino Bassi, gli scultori Francesco Brambilla il Giovane e Marco Antonio Prestinari, i pittori Camillo Procaccini e Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone. Nel corso del ‘700 Giulio Visconti Borromeo Arese, ultimo erede della dinastia, vi aggiunse un secondo edificio, il “Quarto nuovo”, a chiusura della corte d’ingresso. Nella seconda metà del Settecento la villa divenne proprietà della famiglia Litta che, nella persona del marchese Pompeo Litta, nipote di Giulio, diede inizio ad una serie di rimodellamenti secondo il gusto tipico dell’epoca. In questo modo furono reinventate le facciate del Ninfeo rivestendole con concrezioni calcaree per armonizzarle con il contesto naturalistico del giardino, venne approntata la sistemazione scenografica del parco e affidata a Giuseppe Levati, pittore prospettico dell’Accademia di Brera, la decorazione della sala da pranzo, con stucchi e affreschi su volte e pareti. In seguito al tramonto della famiglia Litta a causa della parte attiva avuta nei moti per l’Unità d’Italia, villa Litta Borromeo venne confiscata dal Demanio dello Stato nel 1866. Il complesso venne poi acquistato nel 1932da Alberto Toselli che compì alcuni restauri e riattivò i giochi d’acqua, oltre a impiantare una coltivazione di orchidee su larga scala. Dopo un lungo periodo di abbandono e di decadenza, cui contribuì soprattutto la Seconda Guerra Mondiale, villa Litta Borromeo venne acquistata nel 1971 dal Comune di Lainate che mise mano a importanti interventi di restauro, offrendo così di nuovo la possibilità di godere degli splendori di questa magica residenza.

La villa

Il complesso di villa Litta Borromeo è costituito da due palazzi distinti, tra loro perpendicolari, che si affacciano sulla corte d’ingresso, cui si accede da un’ampia piazza antistante: il palazzo cinquecentesco e quello settecentesco sul lato sinistro.

Il palazzo del Cinquecento, detto Riposteria, si raggiunge lungo il viale principale, attraverso un atrio ottagonale, con cupola a trompe l’oeil, che conduce al portico, architravato e retto da colonne binate in un delicato granito rosa. Al piano terra, attraverso la Rotonda del Mercurio, una stanza a pianta circolare sulla cui cupola è affrescato Mercurio, si accede quindi alle stanze del palazzo. A sinistra dell’atrio si trova la Sala di Enea con pareti e soffitto affrescati con scene mitologiche tra cui la fuga di Enea da Troia mentre a destra si apre la Sala della Caccia con un soffitto affrescato con scene di caccia (ovviamente) alternate allo stemma della famiglia Visconti. Ad attendere il visitatore altre sale dai soffitti dipinti e gli affreschi dei fratelli Procaccini: figure mitologiche, classiche, allegoriche e imprese araldiche inserite in elaborate incorniciature di mascheroni, cartocci e animali mostruosi. Una menzione spetta alla Sala del Fuoco, così chiamata per la presenza di un grande camino sulla cui cappa è dipinto un fuoco ardente.

Il palazzo del Settecento, (o Palazzo Occidentale o anche “Quarto Nuovo”) in cotto a vista, con i suoi tre piani, si erge più imponente e alto del suo fratello cinquecentesco, presentando una pianta a sviluppo rettangolare e due brevi ali laterali. Al suo interno le stanze dei diversi piani sono decorate da pareti e soffitti affrescati e pavimenti a mosaico. Il piano terra è composto da diverse stanze, ciascuna con la propria particolarità, svelata dal nome corrispondente:

• Sala delle Virtù: così chiamata per la presenza nei riquadri alle pareti delle scritte Virtù, Onore, Lode, Amore, Gloria. Qui è possibile ammirare un lampadario originale in legno intarsiato e un grande camino in pietra con parafuoco del 1722 accompagnato da simboli araldici.
• Sala del Sole: così chiamata per la presenza sul soffitto di un sole raggiante con lo stemma dei Visconti. Al suo interno troviamo un caratteristico camino di marmo rosa.
• Sala da Pranzo: superfluo specificarne la destinazione, la sua particolarità è data dal pavimento a mosaico in stile seminato veneziano, una delle tecniche della tradizione decorativa italiana frutto della miscela degli scarti della lavorazione del marmo e delle pietre con calce o cemento dalla sabbia colorata. A ricordare l’antico uso di questa stanza rimangono una grande stufa di ceramica e delle specchiere di stile veneziano settecentesche.
• Sala del Biliardo: così chiamata per la presenza di un grande tavolo da biliardo posto al centro della stanza. Qui il camino è in marmo grigio quasi volesse fare da contrasto col soffitto riccamente affrescato.
• Sala delle Assi: in questo caso il nome è dovuto dalla presenza, sulle pareti, di motivi decorativi ad affresco di tavole di legno che ricordano un’analoga decorazione presente all’interno del Castello Sforzesco di Milano in quel caso realizzata da Leonardo da Vinci. Una curiosità è l’affresco al centro del soffitto che riproduce misteriosamente una tovaglia ricamata di pizzo.
• Sala dei Baci: e qui la fantasia si accende innalzandosi in spericolati voli pindarici. L’unica cosa che possiamo dire con certezza è che questa stanza presenta sul soffitto, all’interno di appositi medaglioni, affreschi di caste effusioni tra diversi personaggi. Più di questo non è dato sapere…

Al piano nobile troviamo il grande Salone della Musica dell’altezza di due piani, con splendide balconate in ferro battuto sostenute da telamoni neoclassici.

Il giardino

Il posto d’onore è sicuramente occupato dal Ninfeo, il Palazzo Delle Acque, con i suoi giochi d’acqua talmente complessi e scenografici da essere considerati uno dei più alti esempi di idraulica di questo genere in Europa. L’impianto idraulico che governava i complicati giochi d’acqua fu il risultato della brillante inventiva dell’ingegnere militare Agostino Ramelli e si distingueva per l’utilizzo della meccanica di un pozzo e non della forza idraulica di un torrente o di una cascata, come comunemente accadeva in altri edifici simili dell’epoca. Il ninfeo è un vero e proprio edificio, detto “edificio di frescura”, ideato dallo stesso Pirro I Visconti Borromeo e progettato da Martino Bassi tra il 1585 e il 1589, che si estende su un’area di circa mille metri quadrati coperti per lo stupore dei nobili visitatori. L’edificio presenta due frontoni, che si distinguono per le decorazioni presenti sulle loro superfici. Il fronte sud è arricchito da statue in stucco mentre due balaustre in pietra conducono all’atrio d’accesso, detto Atrio dei Quattro Venti dove è situato il dipinto del Mercurio, realizzato da Morazzone con un illusionistico “sotto in su”. Il fronte nord dell’edificio è invece costituito da due lunghe pareti simmetriche ricoperte di arenaria, due ampi emicicli scanditi da colonne ioniche e due nicchie con statue allegoriche del Mattino e del Vespro. La pianta del Ninfeo di villa Litta Borromeo è rettangolare e rigorosamente simmetrica: le sue stanze sono decorate a mosaico di ciottoli bianchi di quarzo, neri di calcare o dipinti a tempera, a comporre complicati intrecci di motivi geometrici e floreali. Le decorazioni sono diverse in ogni ambiente e si ripetono simmetricamente sulle pareti di ogni sala. Inoltre tra il 1587 e il 1589, sui soffitti delle sale nord Camillo Procaccini ha utilizzato per la loro decorazione la tecnica dei ciottoli dipinti: un unicum nella storia delle realizzazioni a mosaico. La visita del Ninfeo è un viaggio in un paese delle meraviglie: grotte, anfratti e nicchie con statue di fauni, addirittura un labirinto. Al centro dell’emiciclo del ninfeo di Villa Litta Borromeo si trova una statua raffigurante Venere al bagno che costituisce una delle sculture più note e pregevoli dell’intera collezione, sebbene si tratti di una copia in quanto l’originale è conservato nel museo all’interno della villa. Realizzata intorno al 1589 da Giulio Cesare Procaccini, su disegno dello scultore Francesco Brambilla il Giovane, venne ribattezzata dalla popolazione di Lainate “La Vegia Tuntona” (da tentona, tentatrice), sinonimo di perdizione e vita peccaminosa. Secondo la tradizione, infatti, gli abitanti che non potevano accedere al parco della villa, erano soliti arrampicarsi appositamente sul muro esterno del Ninfeo per guardare all’interno dell’unica finestra aperta sulla città, dalla quale si poteva scorgere in controluce la sagoma sinuosa della dea in posa lasciva mentre veniva bagnata dagli spruzzi d’acqua, apparendo come un’irresistibile tentatrice, immobile e irraggiungibile. Abbiamo poi il Cortile delle Piogge: una sala ottagonale a cielo aperto, isolata rispetto alla simmetria dell’edificio. Gli spettacolari e imprevedibili giochi d’acqua del Ninfeo sono stati cantati da Stendhal, che così ne ha scritto: “conviene guardarsi bene dal passeggiare soli a Lainate, posando il piede sul primo gradino di una certa scala, sei getti d’acqua mi sono schizzati tra le gambe“. Qui infatti spruzzi d’acqua si innalzano incrociandosi, cascate, zampilli si levano inattesi da pavimenti e rivestimenti, alimentati dall’immenso serbatoio della torre delle acque. Ma il Ninfeo non era stato progettato unicamente per sorprendere con i suoi giochi d’acqua: l’altro scopo era quello di custodire e mostrare la preziosa collezione di statue Pirro I Visconti Borromeo, in parte copie dall’antico e da Michelangelo, in parte creazioni originali del Brambilla, di Francesco Prestinari e di altri artisti. Il ninfeo è racchiuso da un parco di tre ettari, caratterizzato da un’estrema varietà: il giardino all’italiana, l’ampio bosco paesaggistico, un “teatro di verzura”, siepi e strutture architettoniche e scultoree, come le due fontane settecentesche di Galatea e del Nettuno, le limonaie e le serre per le prime sperimentazioni botaniche. L’impianto dello splendido giardino di villa Litta borromeo è stato in parte rivoluzionato agli inizi dell’800 con l’intervento dell’architetto Luigi Canonica e del botanico Linneo Tagliabue, che sistemò all’inglese (in linea con quanto realizzato alla Villa Reale di Monza ed alla Villa Melzi d’Eril di Bellagio) il giardino sulla parte occidentale della proprietà.

Come arrivare

Villa Litta Borromeo si trova a Lainate ed è facilmente raggiungile in 40 minuti dalla nostra sede in via Gustavo Modena 4 con Autostrada A8 Milano-Laghi (uscita Lainate-Arese).


Approfondimenti

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