Santa Maria della Passione, una basilica che può fregiarsi di diversi primati che la rendono unica nel panorama degli edifici sacri di Milano. Oltre ad essere il secondo edificio sacro più grande di Milano, dopo ovviamente il Duomo, è una vera e propria pinacoteca, custodendo al suo interno meravigliose opere degli artisti più importanti della scena italiana e infine, un tempio della musica, avendo, unica tra le chiese, due organi tra loro dialoganti.
- La storia di Santa Maria della Passione
- L’architettura di Santa Maria della Passione
- L’interno di Santa Maria della Passione
- Il miracolo mariano
- Come arrivare
- Approfondimenti
La storia di Santa Maria della Passione
La storia di Santa Maria della Passione è storia antica, coprendo quasi due secoli tra l’inizio dei lavori per la sua edificazione e la fine degli ultimi lavori di ampliamento, una sorta di Kingsbridge lombarda, per gli amanti di Follett e del suo monumentale “I pilastri della terra”.
L’edificazione della chiesa di Santa Maria della Passione inizia sul finire del 1400, (1490) con un progetto firmato dall’architetto Giovanni Battagio (o Battacchio), architetto e ingegnere allievo di Donato Bramante, già all’opera presso il cantiere della chiesa di Santa Maria presso San Satiro. Il personaggio chiave nella storia di Santa Maria della Passione fu Daniele Birago, importante figura della curia milanese in cui ricopriva un incarico fondamentale, quella di protonotario apostolico, e al tempo stesso strettamente legato alla corte milanese degli Sforza. Fu Birago a dare l’impulso per l’edificazione della chiesa, mettendo a disposizione un vasto lotto di terreni di sua proprietà, nei pressi di Porta Tosa, nella parrocchia di Santo Stefano in Brolo. Si trattava di una zona ricca di terra fertile, dove sorgeva una piccola chiesa meta di pellegrinaggi popolari, in quanto custodiva un’immagine ritenuta miracolosa, raffigurante Santa Maria con Gesù morto sulle ginocchia, icona della partecipazione di Madre alla Passione del figlio. Immagine che è tuttora presente nella chiesa di Santa Maria della Passione, dove è stata collocata sul finire del 1500, trovando riparo nella quinta cappella di destra. Oltre all’importante lascito di terreni, Birago si impegnò anche a sostenere le spese per la costruzione della nuova chiesa e del nuovo monastero, destinati entrambi alla comunità dei Canonici Lateranensi. Ovviamente Birago ebbe qualcosa in cambio: infatti, avrebbe conservato per sé i diritti di patronato, assicurandosi al contempo l’esclusività della sepoltura, che avrebbe dovuto essere nella cappella grande, suggellata da un imponente monumento funebre. Fu così che Gian Galeazzo Sforza, con atto notarile del 22 luglio 1485, impegnò i Lateranensi a costruire una chiesa con monastero, intitolata appunto a Santa Maria della Passione. La comunità lateranense era una filiazione di quella comunità agostiniana che aveva sede a pochi chilometri di distanza, presso l’abazia di Santa Maria Bianca di Casoretto. La nuova comunità si insedierà nella nuova chiesa di Santa Maria della Passione nel 1490, una volta terminati i lavori per la tribuna.
Tra il Seicento e il Settecento, nonostante i rivolgimenti politici e il dramma della peste, Santa Maria della Passione mantenne la sua funzione di luogo di meditazione e crocevia culturale,. L’ordine Lateranense, infatti, era andato incontro a secoli di ampliamento della sua influenza e delle sue ricchezze, come si evince dai lavori di ampliamento e manutenzione del complesso architettonico e dell’ambiente circostante. Esempi di queste migliorie sono rappresentati dalla nuova selciatura della strada d’ingresso alla chiesa, che diede nuovo slancio all’intero quartiere. Inoltre è in questo periodo che la dotazione artistica di Santa Maria della Passione raggiunge il suo culmine, con tele che coprono un periodo lungo quasi tre secoli. Ma un mutamento politico rilevante, con le sue conseguenze, era ormai alle porte: agli spagnoli subentrarono infatti i regnanti della Casa d’Austria, che approntarono una serie di cambiamenti al volto paesaggistico di Milano. Ma il mutamento più significativo si ebbe a livello legislativo, con una nuova linea politica e istituzionale volta a instaurare una definitiva secolarizzazione dei beni cittadini. Fu così che il monastero venne soppresso nel 1782 per volere dell’imperatore d’Austria, desideroso di recuperare vaste proprietà cittadine abbandonate o sottoutilizzate dal clero e a diversi usi (caserma, ospedale militare, deposito) fino al 1807, quando il viceré Eugenio di Beauharnais gli assegnò la funzione di Conservatorio musicale, funzione che mantiene a tutt’oggi. Infatti, attualmente l’antico monastero dei Lateranensi ospita il Conservatorio di Musica “Giuseppe Verdi”.
Santa Maria della Passione – Conservatorio Giuseppe Verdi
L’architettura di Santa Maria della Passione
L’architettura di Santa Maria della Passione presenta delle caratteristiche assolutamente uniche, rendendo ancor più imprescindibile una sua visita. Innanzi tutto, bisogna considerare il contesto storico in cui l’edificio prese forma. Siamo infatti in un periodo molto particolare per la città di Milano, caratterizzato dal passaggio dall’architettura di tradizione sforzesca alle nuove forme rinascimentali proposte dal Bramante. E non a caso Santa Maria della Passione esibisce elementi bramanteschi il principale dei quali lo presenta la visione esterna della tribuna, con il suo gioco a incastro di volumi geometrici cubici e semicircolari, in calibrata alternanza. E sempre la tribuna presenta un’altra caratteristica assolutamente peculiare: una pianta a stella che viene considerata uno dei risultati più alti e raffinati del Quattrocento milanese. Questa forma così particolare venne ottenuta attraverso un disegno ottagonale cui è sovrapposta una croce greca dai bracci sporgenti conclusi da absidi semicircolari. Sui lati diagonali dell’ottagono furono poste le esedre (le esedre sono incavi semicircolari sovrastate da delle semi-cupole) destinate a servire da cappelle gentilizie, cappelle la cui costruzione occupò tutta la prima metà del Cinquecento. Una volta terminate le cappelle gentilizie, iniziarono i lavori per il tiburio, la cui architettura mostra uno stile decisamente diverso rispetto al resto della chiesa: salutato l’elegante disegno tipico del primo Rinascimento milanese, abbiamo ora un tono severo e le forme monumentali tipiche della metà del Cinquecento.
Santa Maria della Passione – tiburio
La facciata, elaborata nelle sue linee fondamentali da Martino Bassi, e poi rivista da Dionigi Campazzo, fu compiuta solo nel 1692.
Avvicinandosi all’imponente facciata a silenti di Santa Maria della Passione a colpire immediatamente è la particolarità della sua architettura: Santa Maria della Passione risulta infatti più sviluppata in larghezza che non in altezza. Propria dello stile architettonico di cui è esempio, la facciata è ripartita in cinque scomparti, corrispondenti all’organizzazione interna in tre navate e cappelle laterali ed è dominata dai toni del bianco e del grigio, dati dal materiale lapideo naturale utilizzato per la sua costruzione (il termine materiale lapideo indica materiali costituiti da rocce di varia origine. proveniente dal disfacimento di altre rocce). Le estremità laterali della facciata risultano più basse rispetto al corpo centrale, cui sono raccordate tramite salienti curvilinei decorati con ghirlande.
Già dalla facciata è evidente il tema della Passione di Cristo, che dà la titolazione alla chiesa: infatti sia nella cornice centrale (tecnicamente, la cimasa) sia negli altorilievi laterali, sono presenti tutte le raffigurazioni inerenti alla morte e alla resurrezione di Gesù. Abbiamo quindi la corona di spine a sinistra, al centro la Deposizione dalla Croce e a destra la Flagellazione. Anche i due imponenti angeli, unici superstiti di una dotazione statuaria molto più ricca, situati sopra i plinti posti in corrispondenza delle paraste, sono collegati al tema della chiesa in quanto adibiti, un tempo, a reggere proprio i simboli della Passione. Invece nelle incassature laterali due imponenti nicchie ospitano le statue di Sant’Agostino e Sant’Antonio da Padova. Sul lato destro della chiesa si staglia il piccolo campanile, quasi intimorito dall’imponenza della facciata.
Santa Maria della Passione – le statue mancanti- 1863
Nella seconda metà del Cinquecento vennero messi in campo una serie di interventi, con l’intento, di abbellire Santa Maria della Passione, adeguandola ai nuovi canoni estetici. Nel 1560 iniziò la costruzione delle cappelle poste sotto i bracci trasversali della croce mentre nel 1573 Martino Bassi inizia la costruzione del corpo longitudinale a tre navate, con due file di cappelle laterali concluse da un’abside semicircolare. Tale intervento comportò uno stravolgimento della pianta originaria della chiesa di Santa Maria della Passione, trasformandola da una chiesa a pianta cruciforme a una a pianta longitudinale. In conseguenza di questo intervento, per mantenere l’armonia decorativa all’interno della chiesa, nel registro superiore della navata vennero realizzate decorazioni monocrome da Giuseppe Galberio.
L’interno di Santa Maria della Passione
Internamente la chiesa di Santa Maria della Passione ha pianta mista: centrale per la parte presbiteriale; a croce latina a tre navate e sei campate con cappelle laterali absidate. La solennità della chiesa è ulteriormente amplificata dagli imponenti pilastri a base cruciforme su cui si impostano archi che si aprono sulle navi minori e arconi trasversali sulla navata centrale. La navata centrale della chiesa di Santa Maria della Passione ha un ritmo solenne, scandito dai grandi archi che si aprono sulle navi minori, e coperta da una volta a botte, mentre le navate laterali presentano volte a crociera.
Santa Maria della Passione – navata sinistra Santa Maria della Passione – navata centrale
Abbiamo detto che la chiesa di Santa Maria della Passione contiene al suo interno un numero tale di opere d’arte da poter essere considerata una vera e propria pinacoteca: non c’è angolo che non presenti una decorazione di squisita fattura. A livello decorativo, Santa Maria della Passione presenta una rara unità di contenuti che sviluppa in modo omogeneo il tema della Settimana Santa e della passione di Cristo e si apre con una grande iscrizione intorno al cornicione di base della cupola, che sintetizza la profezia di Isaia sulla Passione e prosegue con citazioni da altri testi dell’Antico Testamento. Come abbiamo già avuto modo di dire, nel registro superiore della navata centrale si conservano i grandi monocromi di Giuseppe Galberio raffiguranti gli Angeli con gli strumenti della passione.
Santa Maria della Passione – cupola Santa Maria della Passione – dettaglio cupola
La cappella Taverna costituisce il transetto destro di Santa Maria della Passione e da sola contiene una serie di affreschi e decorazioni per la cui contemplazione è necessario prendersi più tempo possibile. A volere questa cappella fu il gran cancelliere Taverna, appartenente a una delle più influenti famiglie dell’aristocrazia milanese, il cui stemma spicca al centro dell’arcone di ingresso: un cane d’argento che abbia contro una stella dorata. Qui troviamo un ciclo pittorico commissionato al pittore Carlo Urbino, ciclo che si dipana sull’arcone di ingresso, sulle pareti e sulla volta, in un tripudio di affreschi circondati da figure e cornici a stucco dal tipico sapore manierista. Il ciclo di affreschi della cappella Taverna segue la stessa unità tematica della chiesa, dipanandosi tra gli episodi più significativi della Passione di Cristo. Si parte quindi dall’androne di ingresso con i primi episodi della Passione, “la resurrezione di Lazzaro” per terminare nel catino absidale con “la resurrezione”. Una monumentale croce lignea cinquecentesca contiene anch’essa una tela meravigliosa, una “Deposizione” collocata in origine sull’altare maggiore antecedente a quello attuale e che in origine era stata attribuita a un giovane Bernardino Luini, mentre studi più recenti hanno portato alla luce la vera paternità dell’opera, ora stabilmente a Bernardino Ferrari.
Volta del transetto – Carlo Urbino
Nel transetto laterale sinistro troviamo due opere meravigliose: l’Ultima Cena, di Gaudenzio Ferrari (1542) e la Crocifissione di Giulio Campi (1560) che dialogano con la meravigliosa Deposizione, di cui abbiamo dato notizia poche righe fa. E proprio sull’Ultima Cena non possiamo non soffermarci: si tratta infatti dell’opera più conosciuta di Gaudenzio Ferrari, che nulla ha da invidiare alla più conosciuta Ultima Cena di Leonardo, come testimoniato anche dalla grande mole di imitazioni realizzate nei secoli successivi. A caratterizzare l’opera e a far sì che si stagli nel panorama pittorico italiano del tempo, è la caratterizzazione dei personaggi, sia dal punto di vista fisiognomico che psicologico, oltre a uno sfondo peculiare, su cui risalta un improbabile edificio a pianta centrale. L’Ultima cena è circondata da una maestosa cornice dorata: si tratta della cornice originale, che fu commissionata insieme al dipinto dal priore di Santa Maria della Passione nel 1544.
Crocifissione – Giulio Campi Deposizione – Bernardino Ferrari Ultima Cena- Gaudenzio Ferrari
L’altare maggiore, di produzione lombarda (1620 circa), è realizzato in marmi e pietre dure e il rivestimento della parte anteriore è decorato al centro con un reliquario ovale di cristallo di rocca inciso e protetto da strumenti della Passione, in metallo dorato a sbalzo, ripresi ad intarsi marmorei sui lati.
Santa Maria della Passione – altare maggiore
Tra le numerose opere d’arte che attendono lo sguardo ammirato dei visitatori, non si può non citare uno dei capolavori di Daniele Crespi, il “Digiuno di San Carlo Borromeo”, realizzato tra il 1628 e il 1629, considerato non solo una delle opere più riuscite dell’artista ma anche una delle rappresentazioni migliori (e più conosciute) del santo. Si tratta di un quadro realizzato nel pieno dello spirito della controriforma pittorica: apparentemente semplice e quasi spoglio. Ma è proprio questa sua semplicità che riesce a convogliare una forte carica emotiva all’osservatore: dallo sfondo emerge solo la figura del santo, chino su un tavolo spoglio, su cui sono presenti un libro di preghiere e un pasto frugale costituito solo da una pagnotta e una brocca d’acqua. La luce, quasi cruda e violenta che sprigiona dalla tela, fanno risaltare le lacrime che scorrono sul volto di San Carlo, evidenziando in questo modo i suoi tormenti spirituali e fisici, dando a tutta l’opera un’atmosfera di ascetismo.
Il digiuno di San Carlo Borromeo- Daniele Crespi
Prima di recarci alla sala capitolare, soffermiamoci un istante su un’altra tela di una delle cappelle della navata destra. Qui, sopra l’altare, a richiamare la nostra attenzione troviamo “Cristo alla colonna” di Giulio Cesare Procaccini. Si tratta di un’opera importante perché testimonia tutto il percorso artistico di Procaccini: in particolare si tratta di una tela della prima fase della sua produzione, di inizio 600, in cui predominava l’impronta tardomanierista e che qui si manifesta con una forte carica drammatica, sottolineata dal dinamismo plastico della scena.
Flagellazione – Giulio Cesare Procaccini
L’abside di Santa Maria della Passione è maestoso e solenne: qui trova posto il coro con i suoi ventinove stalli in legno intarsiato attribuiti a Cristoforo Solari e circondati da tele di una bellezza da togliere il fiato. Mentre ai due lati troviamo “la Resurrezione” e “l’Ascensione “, nel catino absidale si staglia “L’incoronazione della Vergine”, un affresco di Panfilo Nuvolone raffigurante la Madonna che viene incoronata dalla trinità ed è attorniata da profeti e sibille, rappresentanti i temi che chiudono il ciclo della passione con la vittoria della vita sulla morte.
Ed eccoci giunti alla sala capitolare di Santa Maria della Passione, dove si insegnava teologia ai Canonici Regolari Lateranensi circondati dagli affreschi di uno dei grandi maestri dell’arte pittorica italiana, Ambrogio da Fossano detto il Borgognone. Il grande artista aveva già dato prova della sua arte eccelsa alla Certosa di Pavia: furono proprio questi lavori a far decidere per la sua nomina nel 1510 per creare un’opera che fosse all’altezza del prestigio del monastero e dell’importante qualifica della sala stessa. Il Borgognone ha qui realizzato una serie di capolavori: le pareti rappresentano Cristo e gli apostoli, nelle lunette santi e canonici Lateranensi sulla volta di un cielo stellato, il tutto adornato con le figure dei Dottori della Chiesa, dei santi protettori dell’ordine e dei santi dei canonici lateranensi.
Sala capitolare Sala capitolare -dettaglio
Un’ultima particolarità della chiesa di Santa Maria della Passione è data dalla presenza di ben due organi intagliati costruiti tra il Cinquecento e il Seicento e collocati nell’ottagono centrale: a destra troviamo l’organo di Antegnati, mentre quello di sinistra è di Valvassori. Inoltre le ante di entrambi gli organi sono dipinte con scene della Passione. Questi organi sono ancora pienamente in funzione e spesso qui si tengono proprio concerti a quattro mani di musica classica per organo.
A destra, sotto l’organo, troviamo il grandioso monumento funebre dei fratelli Daniele e Francesco Birago, scolpito a partire dal 1496 da Andrea Fusina, con l’aiuto di Biagio da Vairone su commissione dei deputati dell’Ospedale Maggiore.
Monumento funebre fratelli Birago