Montevecchia, nel cuore del parco omonimo e della Valle del Curone, un paesaggio incantevole a meno di un’ora da Milano, ettari di castagni, querce e betulle, dolci colline coltivate a vigneto, che regalano un panorama di una bellezza da togliere il fiato. Siamo nella Brianza sud-orientale, sulle prime colline delle Prealpi, tra la pianura e le alture del Triangolo Lariano: e a dominare dall’alto il magnifico panorama è il borgo di Montevecchia Alta dove, nel punto più alto del parco del Curone, si erige il Santuario della Beata Vergine del Carmelo, meta di migliaia di visitatori.

Montevecchia - Santuario Beata Vergine del Carmelo

Una zona, quella di Montevecchia, in cui la sostenibilità è sempre stata un imperativo quasi categorico, ancor prima che di questo concetto si iniziasse a farne una moda: qui infatti convivono armoniosamente natura e attività umane, con la presenza di zone di rilevante interesse ambientale, centri urbani, insediamenti produttivi, aree destinate all’agricoltura e all’allevamento accanto a monumenti architettonici di enorme valore artistico e culturale.

Proprio le caratteristiche organolettiche del territorio di Montevecchia erano conosciute e rinomate fin dall’antichità: gli ampi terrazzamenti realizzati per ottenere maggiore spazio di terra coltivabile erano infatti presenti già durante il Medioevo mentre la seconda metà dell’Ottocento ha visto nascere una fiorente viticoltura, resa possibile dal particolare micro-clima, che ha portato alla produzione dei favolosi vini “Terre Lariane” IGT.

Il borgo di Montevecchia

Le origini di Montevecchia non sono certe: quello che sappiamo con certezza è che i primi insediamenti in questa zona risalgono all’epoca romana, come è attestato dalla presenza di una torre di segnalazione dove ora sorge il Santuario per cui il borgo è famoso. Si ipotizza che la conversione di questo avamposto militare, che aveva fatto di Montevecchia un vero e proprio guardiano della Brianza, in edificio di culto cristiano sia databile all’epoca longobarda, ossia nel periodo compreso tra VIII e IX dopo Cristo. Tale trasformazione fu quasi inevitabile, considerando la perdita di importanza del nucleo di guardia in seguito al periodo di relativa pace e la crescita del nucleo abitato, che raggiunse dimensioni tali da potersi permettere una propria chiesa. Nel corso dei secoli Montevecchia fu feudo dei diversi signori che dominarono la Brianza: i Visconti prima e gli Sforza in un secondo momento e, con il tramonto di queste dinastie, il subentro degli Austriaci (nella persona di Carlo V), quindi degli Spagnoli di Filippo IV.

Parco di Montevecchia

In questo borgo, circondato da coltivazioni di erbe aromatiche, tra i profumi della salvia e del rosmarino, si trovano diverse mete di interesse, sia sacro che profano. Vediamole dunque, iniziando da quello che è il simbolo di Montevecchia, il suo Santuario, che inizia a scorgersi in lontananza, man mano che ci si avvicina al paese.

Quella delle terrazze di Montevecchia è tra le più belle posizioni della Brianza: uno spalto altissimo, un balcone che si erge, fuori dalle nebbie, e si affaccia dritto a sud; nelle giornate di vento si vede dalla Cisa al Monte Rosa. (…) Alti monti la difendono dalle tramontane. Le brume, le nebbie, che salgono dalle pianure e dai laghi la sfiorano fruttuosamente: è chiaro, oramai, che il vino più delicato e squisito deriva sempre da uve mature al limite estremo delle condizioni climatiche…”.

Mario Soldati

Santuario della Beata Vergine del Carmelo

180 gradini circondati da alberi di tigli, che in estate sprigionano il loro caratteristico profumo, portano al Santuario della Beata Vergine del Carmelo, una delle mete più rinomate di Montevecchia: un cammino suggestivo, che non a caso è inserito nella strada di pellegrinaggio nota come “Cammino di Sant’Agostino”. 180 gradini circondati da alberi di tigli, che in estate sprigionano il loro caratteristico profumo, portano al Santuario della Beata Vergine del Carmelo, una delle mete più rinomate di Montevecchia: un cammino suggestivo, che non a caso è inserito nella strada di pellegrinaggio nota come “Cammino di Sant’Agostino”.

Il santuario domina la valle di Montevecchia, da dove, nelle giornate terse, lo sguardo spazia su un panorama mozzafiato, arrivando a scorgere Milano, il Monte Rosa e il Monte Bianco.

Milano dal Santuario di Montevecchia
Milano dal Santuario di Montevecchia

Il Santuario di Montevecchia è stato edificato all’inizio del XVII secolo ma già nelle epoche passate la sommità del colle di Montevecchia ospitava un edificio sacro: come riporta Goffredo da Bussero (1222 – 1289) nel suo Liber Santorum, qui, all’inizio del secolo XIII, esisteva una chiesetta dedicata a “San Giovanni Battista in Montaegia”. Questa antica struttura sorgeva appoggiata ad un’antica torre di vedetta che venne poi convertita nell’attuale torre campanaria e da cui origina, molto probabilmente, il nome di Montevecchia: da Mons Vigiliae ovvero monte della vedetta, trasformatosi poi in Monteveglia, Montevegghia e infine nel definitivo Montevecchia.

La precedente chiesetta venne seriamente danneggiata da un incendio, che rese necessaria la sua demolizione: e fu forse sulle sue rovine che venne eretto l’attuale Santuario inizialmente intitolato a San Giovanni Decollato e con la Beata Vergine del Carmelo come compatrona. Proprio una pala di altare rappresentante la “Decollazione del Battista” (1554-1556 circa) di Bernardino Campi, è una delle più significative testimonianze pittoriche riconducibili a quel periodo e costituiva uno dei tesori più preziosi del Santuario. Il dipinto è oggi conservato presso il Museo Diocesano di Milano mentre quello che possiamo ammirare nella cappella destra ne è una copia.

Sull’intonaco di un vano situato sotto il pavimento centrale del Santuario e all’ingresso dell’ex canonica sono leggibili, rispettivamente, le date “1636” e “1717″ che testimoniano il succedersi delle fasi costruttive del Santuario stesso.

Il complesso del Santuario della Beata Vergine del Carmelo presenta un’architettura in stile barocco con il corpo principale della chiesa, dalla facciata a capanna, che si affaccia sulla scalinata di accesso con un elegante pronao a volte sostenute da quattro colonne in granito. Sul lato sud si trova la casa canonica disposta su due livelli mentre su quello a nord trova spazio un corpo minore che include la cappella della confraternita, che costituisce un vero e proprio oratorio e la sacrestia.

La pianta del Santuario presenta un’unica navata rettangolare, cinque campate anch’esse rettangolari coperte da volte a crociera, con archi a tre centri e con piccoli altari collocati lungo le pareti laterali. Una volta a crociera a pianta quadrata caratterizza anche il presbiterio mentre l’abside è semicircolare ad arco ribassato.

All’interno del Santuario della Beata Vergine del Carmelo sono collocate tre cappelle laterali: due sul lato sinistro, intitolate una a Sant’Antonio di Padova risalente al XVII secolo (come suggerisce la data “1697” iscritta sulla balaustra) e una a San Bernardo, e la terza, sull’altro lato, dedicata a San Giovanni Battista. Esternamente, sul fianco destro del Santuario, è inglobata una cappella dei morti. Il campaniletto posto sul fianco destro della chiesa emerge con due livelli sopra la copertura della canonica.

L’interno è riccamente decorato: sono infatti presenti numerosi affreschi settecenteschi che riproducono episodi della vita di Sant’Antonio e una serie di otto tele raffiguranti la vita di San Giovanni Battista. La chiesa andò infatti incontro a un’intensa fase decorativa nel corso del XVIII secolo come attestano gli affreschi del monzese Giovanni Battista Garibaldi, che firmò nel 1778 la “Caduta della manna” su una parete del presbiterio. Sempre dello stesso autore i dipinti murali delle cappelle di San Bernardo e di San Giovanni Battista, i due grandi riquadri affrescati sulle pareti della navata, raffiguranti “l’Adorazione dei Pastori” e la “Crocifissione di Gesù“, e un affresco sulla volta dell’oratorio della Confraternita.

Oltre a questo impianto pittorico, diversi sono gli elementi di pregio conservati all’interno del Santuario a cominciare dall’organo a trasmissione meccanica, risalente alla fine del Settecento, opera della bottega varesina Biroldi e collocato sopra il portone d’ingresso. Di importanza centrale è, ovviamente, la statua lignea della Vergine con il Bambino risalente al Seicento che viene portata in processione utilizzando un baldacchino portatile di stile barocco, a quattro colonnine floreali, in legno intagliato e dorato, che si collegano a cupola con una corona sormontate da putti e pendagli.

Villa Agnese Albertoni

Nella piazza principale di Montevecchia si trova una villa rinomata non soltanto per le sue bellezze architettoniche ma anche per essere stata la residenza estiva di Maria Gaetana Agnesi, colei che può essere considerata una delle capostipiti della parità di genere e dell’indipendenza femminile, avendo raggiunto una posizione di prestigio in un settore prerogativa (e questo ancora oggi) maschile: le scienze e la matematica. Maria Gaetana fu una bambina prodigio, con un’intelligenza fuori dal comune e la fortuna di essere cresciuta da un padre che fece di tutto per coltivare e nutrire il suo talento. già a soli diciassette anni, infatti, Maria scrisse il il suo primo saggio, un commentario sull’analisi delle sezioni coniche (che chi scrive non sa neanche lontanamente cosa possano essere) del matematico francese de L’Hôpital, e, qualche anno dopo una raccolta di saggi di filosofia, matematica e fisica, le “Propositiones philosophicae”, nelle quali toccava anche la questione dell’istruzione femminile. Ma il lavoro per cui Maria entrò giustamente nella storia furono le Istituzioni Analitiche, un testo composto da due volumi di oltre mille pagine, pensato come manuale di studio che trattava in maniera chiara e concisa le diverse aree della matematica: l’algebra, la geometria e i neonati calcolo differenziale e integrale. Un testo importante non solo per gli argomenti in sé ma anche perché fu il primo lavoro sistematico di questo genere, caratterizzato dalla chiarezza e dall’originalità delle argomentazioni, aggiornando al contempo le teorie seicentesche con le nuove teorie elaborate nel XVIII secolo. Non da ultimo, il testo illustrava i nuovi procedimenti per la risoluzione delle equazioni differenziali. Il testo fu un successo al di là di ogni immaginazione, accolto con fervore dal mondo accademico: su tutti vale il plauso ricevuto dall’Accademia Reale di Francia che la definì un’opera avanzatissima, la migliore del genere. Maria Gaetana per questo lavoro ricevette regali preziosi dall’imperatrice d’Austria, cui l’opera era dedicata, e da papa Benedetto XIV ebbe in dono una corona di pietre preziose legate in oro e una medaglia d’oro.

Maria Gaetana Agnesi

Al suo nome è legata anche una curva matematica, la versiera di Agnesi: il termine versiera fu attribuito alla curva da Maria Agnese stessa nel 1748 e deriva dal latino vertere, “girare”, ma è anche un’abbreviazione di avversiera, “moglie del diavolo”. Il traduttore del testo in inglese scambiò erroneamente versiera con strega ed è per questo motivo che nei Paesi anglosassoni e spagnoli la curva è nota ancora oggi come “la strega di Agnesi“.

Maria Gaetana Agnesi

Maria Agnese fu una donna complessa, dai mille volti: prova ne è il fatto che rifiutò la cattedra di matematica presso l’Università di Bologna per dedicarsi a quella che era probabilmente la sua vera vocazione, che dovette in parte soffocare per seguire i desideri del padre. Maria Agnese, infatti, al posto di recarsi a Bologna per insegnare, si dedicò all’aiuto dei poveri e degli indigenti, seguendo la sua natura spirituale. Alla morte della madre il desiderio di Maria era di farsi monaca ma, ancora una volta, la volontà del padre fu irremovibile, convincendola a rimanere a casa per assistere la numerosa famiglia, permettendole di astenersi dalla vita mondana. La morte del padre segnò per Maria Agnese la fine di qualsiasi impedimento, consentendole di dedicarsi anima e corpo alla strada che avrebbe da sempre voluto seguire: una volta divisa l’eredità, organizzò in casa un ospedale, vendendo il corredo e i diamanti avuti in dono dall’imperatrice per poter finanziare la sua impresa. Nel 1771 venne nominata direttrice del reparto femminile del Luogo Pio Trivulzio, nel palazzo che il principe Trivulzio lasciò in eredità all’arcivescovado milanese per ricoverare gli anziani poveri della città di Milano. E proprio il Pio Trivulzio sarà l’ultima dimora di Maria Agnese, che qui morì il 9 gennaio 1799, vendendo sepolta, secondo i suoi voleri, in una fossa comune.

Maria Agnese trascorse molto tempo nell’omonima villa di Montevecchia, come riporta la lapide all’ingresso: “Maria Gaetana qui giovanetta e ottuagenaria allietò nella pace la sua vita umile e grande“.

Costruita alla fine del ‘600 venne in origine sfruttata come azienda agricola per produrre il celebre vino di Montevecchia per poi entrare in possesso della famiglia milanese dei Brivio, commercianti nel settore della seta. Quando la figlia Anna Brivio sposò Pietro Agnesi, la villa venne portata in dote diventando la villa di famiglia. Per questioni di eredità passò poi agli Albertoni e infine, negli anni ‘70, venne venduta agli Azzoni, attuali proprietari che ancora la abitano.

La villa era concepita come villa di delizia per la famiglia Agnesi, seguendo l’architettura tipica di tali residenze e si contraddistingue per un giardino in stile dell’epoca, con terrazzamenti paesaggistici sulla Brianza e interni riccamente affrescati in stile rococò (stile meglio conosciuto in Lombardia come barocchetto) che conservano un gusto tipicamente settecentesco. L’ampio giardino all’italiana è decorato da statue e sculture mitologiche e simboliche del Settecento, al centro del quale svetta una fontana che nella migliore tradizione proponeva divertenti giochi d’acqua. La pianta della villa ha una struttura a L (che richiama quella della Villa Reale di Monza) pensata per abbracciare idealmente l’ambiente circostante e per creare un’oasi di pace e tranquillità. Gli spazi erano rigidamente suddivisi, sia tra nobili e servitù che tra uomini e donne: il piano inferiore ospitava, nel lato lungo gli alloggi per la servitù e in quello corto i salotti mentre il piano superiore era riservato agli alloggi per gli ospiti e le camere padronali. I salotti sono riccamente decorati con affreschi raffiguranti soggetti mitologici come Apollo, Diana e soggetti allegorici quali le quattro arti e le quattro stagioni. In totale i salotti erano tre, un numero non casuale: uno comune, uno riservato agli uomini e un altro riservato alle donne.

Sul retro della villa uno splendido cortile permette di accedere ad una scenografica passeggiata che conduce a un ampio prato, disteso al di sotto del santuario della Beata Vergine del Carmelo. Qui, su una panchina situata proprio in fondo, è possibile lasciare spaziare lo sguardo sul borgo di Montevecchia, sui boschi e sulle sue colline terrazzate, fino a spingersi a intravedere Milano, con il profilo dei suoi grattacieli che si stagliano sulla linea dell’orizzonte.

Profumo di salvia e rosmarino

Il territorio di Montevecchia è ideale per la coltivazione di piante aromatiche, al punto che la salvia il rosmarino di Montevecchia sono stati riconosciuti “Prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Lombardia“. Nell’area del Parco di Montevecchia e della Valle del Curone, le aziende espressamente dedite alla coltivazione delle piante officinali sono 13, a cui si deve aggiungere tutta quella platea di soggetti che, a vario titolo, coltivano e conferiscono alle aziende agricole vere e proprie le loro produzioni.

Montevecchia - coltivazione salvia e rosmarino
Montevecchia – coltivazione salvia e rosmarino

I vini di Montevecchia

I mosti e i vini che rispondono alle condizioni e ai requisiti indicati nel disciplinare e i cui vitigni si trovano nelle zone collinari o montuose della provincia di Lecco e Como possono forgiarsi, dal 2008, dell’indicazione geografica tipica “Terre Lariane”. In particolare nella zona di Montevecchia si producono ottimi vini bianchi.

Montevecchia - vigneti
Montevecchia – vigneti

I vitigni coltivati per produrre i vini Terre Lariane IGT sono:

  • Verdese bianco
  • Chardonnay
  • Riesling
  • Sauvignon
  • Trebbiano (da Trebbiano Toscano)
  • Barbera
  • Cabernet sauvignon
  • Merlot
  • Marzemino
  • Croatina
  • Sangiovese
  • Schiava

Come arrivare

Montevecchia si trova nella provincia di Lecco, a meno di 40 Km dalla sede di International Residence in via Gustavo Modena 4. Si raggiunge in nemmeno un’ora in auto, prendendo l’A51.

Approfondimenti

Per programmare una visita al Santuario di Montevecchia consigliamo di visitare la pagina ufficiale del Santuario stesso: https://santuario.parrocchiamontevecchia.it/

Per approfondimenti su argomenti inerenti rimandiamo alle seguenti letture: Monastero di San Bernardino, 1472, Santuario della Beata Vergine dei Miracoli (1498)