Calimero, battezzato a Milano, per la rubrica “forse non tutti sanno che”. Scoperta recente che mi ha fatto felice, lo ammetto: ho sempre adorato questo pulcino nero e malinconico.
Credo che tutti conoscano il pulcino nero nato dalla penna dei fratelli Pagot e che ha fatto la sua comparsa il 14 luglio 1963, prima come protagonista di una pubblicità del Carosello per poi conquistare un cartone tutto suo. Chi non si ricorda i suoi tormentoni? Come il “Uffa ma che maniere, tutti se la prendono con me perché sono piccolo e nero” o soprattutto “È un’ingiustizia però!”
Calimero rappresenta la complicata accettazione della diversità, la resistenza alle cattiverie e alle avversità senza perdere la fiducia e il candore. Calimero cresce in un mondo difficile, alle volte ostile ma al tempo stesso buono, pronto ad abbracciare chi apparentemente si discosta da un modello precostituito. E’ un personaggio moderno: in primo luogo perché ripudiato dalla propria madre perché non aderente ai canoni, essendo un pulcino sempre nero. In secondo luogo perché ci insegna a andare oltre le apparenze: infatti grazie alla buona lena dell’olandesina Calimero tornava del proprio colore di Carosello. Non credo sia necessario spiegare dove risieda la modernità di questo personaggio. Questi gli insegnamenti che ci ha trasmesso questo dolcissimo pulcino e che continua a fare visto che è ancora in programmazione sui canali Mediaset, ovviamente con la sigla cantata dalla nostra adorata regina Cristina D’Avena, anche se duole ammetterlo, non una delle sue performance migliori.
Ma da quando Calimero sarebbe milanese? Le sue avventure non si svolgevano nelle campagne venete? Vero, l’ambientazione era appunto quella del Veneto, regione da cui provenivano i suoi creatori, i fratelli Nino e Toni Pagot. Ma il nome gli è stato dato in onore della chiesa dove Nino si era sposato: la Basilica di San Calimero, nell’omonima via di Milano a due passi dalla stazione Crocetta della M3 (via San Calimero 9/11).
La chiesa di San Calimero sorge in una stradina molto caratteristica, all’incrocio tra via Santa Sofia e Porta Romana. E’ un breve tratto di acciottolato e mulattiera, che si allarga in una piccola piazza proprio di fronte alla chiesa, con panchine su cui riposarsi, magari godendo della compagnia di un buon libro.
San Calimero è stato il quarto vescovo di Milano e la Basilica a lui dedicata è una tra le più antiche di Milano, edificata su un’area cimiteriale poco fuori le mura della città. La costruzione è databile intorno al III secolo: seguirono poi diversi restauri il primo dei quali su impulso del vescovo di Milano Lorenzo alla fine del quinto secolo. Nella seconda metà del 1500 altri lavori di restauro portarono al rifacimento della cripta e la sua decorazione con affreschi ad opera dei Fiamminghini, che lavorarono anche a Chiaravalle. Purtroppo i restauri dei secoli successivi hanno stravolto quasi completamente l’aspetto originario della Basilica: particolarmente sciagurati furono quelli ad opera dell’architetto Angelo Colla fra il 1882 e il 1884.
La cripta rappresenta il cuore della Basilica per svariati motivi. In primo luogo perché possiamo ritrovare reperti non compromessi dai restauri: in particolare un piccolo affresco (Madonna fra due sante, XV secolo, attribuita a Cristoforo Moretti), una Crocefissione del Cerano e una Natività di Marco d’Oggiono. Secondariamente, qui riposano le spoglie di San Calimero, dove vennero traslate nel 1609 per volere di Federico Borromeo. Come accade per ogni chiesa, anche la Basilica di San Calimero ha la sua leggenda. Nella cripta è presente un pozzo, emblema della Basilica stessa poiché il Santo fu gettato e lasciato morire proprio in un pozzo. Per questo motivo il giorno dei festeggiamenti del Santo, il 31 luglio, era usanza far bere l’acqua del pozzo ai malati, per favorirne la guarigione. Un’ultima particolarità: via San Calimero ospita splendidi murales su ambo i suoi lati. Da una parte la facciata della canonica è ridipinta dallo street art street artist Ivan Tresoldi, le cui opere punteggiano vari angoli di Milano. Dall’altra, il muro che costeggia l’ospedale Gaetano Pini, si snoda Wall Art, la lunghissima opera di street art firmata Orticanoodles e che rappresenta 14 illustri personalità di Milano come Alda Merini, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci.
Quindi a Milano, in via San Calimero si intrecciano in modo armonico il sacro e il profano, la storia di un personaggio animato e di un Santo. E analogamente la modernità dei murales si amalgama in modo armonico con l’antichità della Basilica.