Palazzo Borromeo, cuore della Milano viscontea, la più importante residenza privata del periodo gotico che si è conservata fino ai giorni nostri giorni, incastonata tra le vie Meravigli e via Torino. Qui, alle spalle del centro economico-finanziario di Milano, tra Cordusio e Piazza Affari, è ancora possibile ritrovare vestigia di un passato prestigioso nelle forme di palazzi dalle sobrie facciate che nascondono incantevoli giardini e piacevoli cortili porticati.

La storia

Palazzo Borromeo venne edificato a più riprese a partire dal 1300, per ospitare la ricca famiglia fiorentina dei Borromeo, traferitasi a Milano dove iniziò la propria inarrestabile scalata al successo. Il palazzo sorge nella storica zona delle cinque vie di Milano, quella zona che gravitava intorno a Piazza Mercanti, sede non solo delle maggiori istituzioni cittadine ma anche di mercato, di botteghe artigianali e dei cosiddetti fondaci del commercio, ossia quel complesso di edifici in cui i mercanti stranieri, per concessione dell’autorità del luogo, depositavano le loro merci ed esercitavano i loro traffici. Fu questa zona che vide prosperare la famiglia Borromeo, che arrivò al punto da colonizzare l’intera area dalla fine del XIV secolo in poi, espandendo progressivamente la propria influenza, con l’acquisto di nuove proprietà in concomitanza all’aumentare della propria potenza. In pratica si può affermare, senza timore di esagerazione, che la zona delle cinque vie divenne un vero e proprio caso di alloggiamento medioevale ascrivibile alla scalata economica e sociale del casato dei Borromeo. Il cuore di questo che era un vero e proprio fortino su cui regnava la famiglia Borromeo, era nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria Podone, chiesa che poi era anch’essa di proprietà della stessa famiglia, e si estendeva alla vicina Via Sant’ Orsola fino a Santa Maria Fulcorina.

Piazza Borromeo nel 1400
Piazza Borromeo nel 1400

Dal casato dei Borromeo proverranno figure che saranno fondamentali nella vita e nella storia di Milano e dell’Italia: Carlo e Federico Borromeo, destinati entrambi a ricoprire ruoli di primo piano nella diocesi milanese, estendendo la propria influenza anche sulla scena civile e politica della città. Ma questo accadde molti anni dopo l’arrivo della famiglia in città, dove si trasferì nel corso del Trecento provenendo da Firenze. Proprio per questa loro provenienza straniera la famiglia dovette aspettare un po’prima di ottenere la cittadinanza milanese, che venne loro concessa nel 1385 da Gian Galeazzo Visconti, sebbene in quegli anni l’astro dei Borromeo non avesse ancora raggiunto il massimo del proprio splendore.

Le prime gesta degne di nota della famiglia sono rintracciabili con certezza a partire dal ‘400 quando un appartenente al casato, Borromeo dei Borromei, ebbe la lungimiranza di sgravare dai debiti il marchese del Monferrato in cambio della cessione di alcune terre al ducato di Milano. Inoltre, sempre in quegli anni, nella prima decade del 1400, venne celebrato il matrimonio tra Ambrosina Fagnani e Vitaliano Borromeo (la cui figura, come avremo modo di vedere, sarà legata all’emblema di famiglia), figlio di Margherita Borromeo e di Giacomino Vitaliani di Padova. Vitaliano Borromeo diede una forte spinta alle fortune di famiglia, aprendo dapprima una ditta a Bruges e diventando successivamente Gran Tesoriere del ducato di Milano, sotto il governo di Filippo Maria Visconti, ruolo che ricoprì dal 1418 al 1430. Ma gli incarichi di Vitaliano non furono solo questi: ricoprì infatti anche mansioni di ambasciatore e negoziatore sulla scena europea per poi aprire, nel 1435, una succursale della sua impresa a Londra e una a Barcellona nel 1436. Grazie a questa brillante carriera, Vitaliano otterrà nel 1439 anche il feudo di Arona, feudo che verrà poi elevato a contea e ulteriormente allargato con l’acquisto delle terre di Lesa, del Vergante e Cannobio. Fu in questo periodo che i Borromeo desiderarono sottolineare l’importanza raggiunta con un’imponente opera di edificazione residenziale, che avrebbe appunto dovuto testimoniare il successo raggiunto dal casato. Venne quindi scelto il sito ritenuto idoneo all’ambizioso progetto, mettendo in opera una serie di imponenti lavori di organizzazione e regolarizzazione della nuova piazza Borromeo, compresa tra il palazzo e la chiesa di famiglia di Santa Maria Podone.

Il palazzo

È impossibile non rimanere colpiti dalla bellezza di palazzo Borromeo, con la sua facciata su cui si staglia il nobile portale, ad arco acuto, realizzato con l’alternanza di conci rosa di Candoglia e rossi in pietra di Verona, contornato da un fregio di foglie di vite e di quercia. A vigilare sull’ingresso di palazzo Borromeo troviamo l’emblema di famiglia: il dromedario in una cesta con corona e pennacchio di piume di struzzo. Il nucleo originario di palazzo Borromeo risale alla fine del Trecento, ma ciò che si vede oggi è frutto degli ampliamenti quattrocenteschi e dei restauri resisi necessari a causa degli ingenti danni subiti dal palazzo stesso nel corso della seconda guerra mondiale.

Palazzo Borromeo è un palazzo particolare, in quanto non si presenta con un progetto architettonico unitario e ciò è dovuto alla particolarità della sua edificazione: si tratta infatti di un complesso costituito da corpi di fabbrica preesistenti che sono stati progressivamente aggiunti e inglobati, andando in questo modo a formare quella che possiamo definire una sorta di articolata cittadella, di totale irregolarità planimetrica.

Palazzo Borromeo

La parte che ha maggiormente resistito agli assalti dei secoli è quella che prospetta su piazza Borromeo, con il suo caratteristico portone d’ingresso: una facciata sobria che conserva tracce dell’originaria architettura trecentesca nelle piccole finestre quadrangolari dalla forte strombatura. Il magnifico portale d’ingresso venne aggiunto nel corso del ‘400 e si presenta con un arco a sesto acuto, con un archivolto realizzato, come abbiamo visto, da conci alternati in marmo rosa di Candoglia e pietra rossa di Verona, adornato da un largo fregio con cordonatura e motivi a tralci di vite e foglie di quercia. Sopra l’arco troviamo una cuspide che raffigura il dromedario coronato, uno degli emblemi araldici dei Borromeo.

Attraversando un androne dallo splendido soffitto a travi, si accede al primo dei cortili, la cui funzione era prevalentemente di passaggio. Il secondo cortile è quello di rappresentanza o d’onore ed è costituito da una struttura decisamente originale a doppie arcate tra loro non simmetriche. Proprio questa zona di palazzo Borromeo è quella in cui si è maggiormente mantenuto l’originario impianto architettonico: tre lati porticati, con arcate ogivali su massicci pilastri ottagonali ornati da capitelli fogliati e copertura a travi lignee.

Il quarto lato del cortile d’onore è invece rischiarato dalla luce che penetra attraverso sei grandi monofore archiacute decorate con le caratteristiche ghiere lombarde in cotto. Oltre a queste grandi finestre, sono posizionate altre finestre di dimensione inferiore e di forma irregolare, di epoca precedente.

Palazzo Borromeo - dettaglio finestra

Le pareti dei portici lungo il grande cortile erano riccamente decorate, dovendo garantire una sosta piacevoli agli ospiti illustri: sono ancora visibili tracce delle originarie decorazione a fresco con motivi araldici dei Borromeo, decorazioni che, oltre a una funzione estetica, avevano lo scopo di celebrare l’importanza della famiglia committente.

Rimanendo in tema di affreschi, quello per cui palazzo Borromeo è maggiormente conosciuto è il cosiddetto “ciclo dei giochi”, realizzato da un artista anonimo convenzionalmente denominato Maestro dei Giochi Borromeo. La scoperta di questo ciclo decorativo è piuttosto recente, resa paradossalmente possibile dai feroci bombardamenti che si sono abbattuti sul palazzo durante la seconda guerra mondiale. Infatti, proprio durante i lavori di restauro necessari per mettere mano ai gravi danni subiti dal palazzo, sono venuti alla luce questi straordinari affreschi, ospitati nella sala centrale del piano terreno. Presumibilmente le scene occupavano senza soluzione di continuità tutte le pareti della sala: è stato possibile recuperare le scene situate su tre di tali pareti mentre purtroppo sono andate irrimediabilmente perdute quelle relative alla quarta parete. Il ciclo in questione è stato probabilmente realizzato negli anni compresi tra il 1445 e il 1450 e raffigura quelli che erano i classici svaghi della classe nobiliare della società del tempo, come il gioco della palla o quello dei tarocchi, e la sua presenza era ulteriore testimonianza del delle ingenti disponibilità economiche della famiglia Borromeo. Gli affreschi in questione presentano debiti evidenti dei modi tardogotici del Pisanello e di Masolino da Panicale: i riferimenti stilistici esibiti dagli affreschi così come la foggia degli abiti, di cui alcune parti erano originariamente rifinite a oro, hanno permesso di datare il ciclo dei giochi di palazzo Borromeo agli anni Quaranta del Quattrocento, individuandoli inoltre come i modelli di riferimento per una serie di cicli a soggetto profano collocati in altre residenze nobiliari lombarde. Purtroppo, oltre ai danni causati dai bombardamenti, anche la scarsa qualità dei materiali utilizzati per la loro realizzazione ha contribuito a una pessima conservazione di questo capolavoro. Il Maestro dei giochi ha infatti lavorato prevalentemente a secco, tecnica questa che non solo non risulta ideale per il mantenimento delle opere ma che, anzi, contribuisce alla perdita dei colori. Di conseguenza gli affreschi non si presentano con i loro colori originali: a dominare sono i pigmenti di preparazione, vale a dire il disegno in ocra su cui l’artista applicò poi i colori definitivi, quegli stessi colori che sono andati perduti.

Soffermiamoci quindi su questi dipinti, prendendoci il tempo necessario per ammirarli. Si parte con il gioco dei tarocchi, realizzato sul muro a sinistra dell’ingresso: sullo sfondo di un paesaggio lacustre, vediamo cinque giovani che giocano a carte, all’ombra di tre alberi di melograno. A colpire, in questo scorcio, è la resa spaziale del paesaggio, la saldezza volumetrica dei soggetti raffigurati e il complessivo equilibrio della scena: tutti elementi che si sposano con una raffinata analisi dei dettagli.

Precedendo lungo la sala, troviamo, in posizione centrale, la raffigurazione del gioco della palmata, in cui spicca una bellissima giovane che, con le sue fattezze, esalta quel gusto aristocratico di cui i Borromeo erano testimonianza vivente.

Affresco - gioco della palmata
Affresco – gioco della palmata

Infine, sulla parete destra, l’ultimo affresco giunto fino a noi, rappresentante il gioco della palla, dove le protagoniste sono giovani donne, presumibilmente appartenenti alla casata dei committenti: qui la mano dell’artista ha mirabilmente ritratto volti, gli abiti e le acconciature, regalandoci una vera e propria sfilata della moda dell’epoca.

Affresco - gioco della palla
Affresco – gioco della palla

La storia del dromedario

Un dromedario accoccolato dentro un cesto: strano emblema questo della famiglia Borromeo che nasconde l’origine stessa della fortuna della casata. Guardiamola quindi, questa storia che inizia alla fine del Trecento quando Vitaliano de’ Vitaliani, il figlio di Margherita Borromeo giunse a Milano, alla corte di Gian Galeazzo Visconti che in quel periodo aveva in mano il governo della città. Margherita Borromeo altri non era se non la sorella di Gian Galeazzo: proprio in virtù di questo stretto rapporto di parentela, Vitaliano osò recarsi a Milano per chiedere allo zio un aiuto economico, visto che il padre aveva portato la famiglia Borromeo alla rovina economica. Vitaliano, nella sua estrema povertà, si presentò dal potente zio accompagnato da numerosi muli, ricoperti da gualdrappe dipinte con figure di dromedari rinchiusi in cesti. Dietro richiesta di illustrare il significato di tali strane decorazioni, Vitaliano spiegò che simboleggiavano una condizione di indigenza, come quella in cui si trovava al momento la famiglia Borromeo. Ma al tempo stesso il dromedario era adornato con piume e corone per simboleggiare la pazienza, l’obbedienza e il sacrificio necessari per risollevarsi e raggiungere uno stato di gloria e prestigio. Gian Galeazzo Visconti decise quindi di accogliere il nipote, a condizione che fosse disposto a portare da quel momento in poi, il cognome dei Visconti.

Come arrivare

Palazzo Borromeo si trova nella piazza omonima, nella zona del centro compresa tra Cordusio e Piazza Duomo. Proprio per la sua posizione centrale, è facilmente raggiungibile dalla sede di International Residence di via Gustavo Modena 4. Si possono utilizzare i mezzi del trasporto pubblico, le cui fermate sono tutte a pochi passi di distanza dalla sede di International Residence, oppure optare per una breve passeggiata, lungo le vie del centro di Milano.

Approfondimenti

Per ulteriori letture su Palazzo Borromeo consigliamo la seguente pagina: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/LMD80-00082/

Per approfondimenti su argomenti inerenti rimandiamo alle seguenti risorse: Palazzo Arese Borromeo: dal 1654, Palazzo Trivulzio, gioiello del ‘700