Tempio di San Sebastiano, tempio civico e tempio religioso, con la sua forma circolare, unica tra gli edifici religiosi di Milano, è un monumento a ricordo dell’impatto devastante dell’epidemia di peste abbattutasi nel 1576 sulla città di Milano.
La storia
Siamo nel 1576, durante la cosiddetta peste di San Carlo, una delle ondate di peste che si sono abbattute sulla città, così definita perché ha visto in questo arcivescovo una delle figure più significative nella lotta contro l’epidemia. Carlo Borromeo è stato figura simbolica: con la sua dirittura morale ha costituito un faro che ha illuminato il buio di quel terribile periodo.
San Carlo tra gli appestati
Durante i tremendi anni della pestilenza gli abitanti di Milano si strinsero intorno a personalità capaci di tenere insieme la comunità e trasmettere un senso di speranza: autorità civiche, religiose ma anche e soprattutto figure di santi e martiri. Tra queste ultime un posto particolare era occupato non a caso da San Sebastiano, protettore contro la peste e le malattie contagiose, invocato già dalla pestilenza del 680 che colpì principalmente Roma e Pavia.
“Stendardo di San Sebastiano”- Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma- 1525- Galleria degli Uffizi
E proprio a San Sebastiano si decise di erigere un tempio, in quella che era la contrada della Palla, una delle molte contrade che collegavano il Duomo al Carrobbio, lungo le cui vie si svolgevano importanti processioni religiose, oltre al solenne ingresso in città degli arcivescovi. Il luogo prescelto per la nuova chiesa ospitava una precedente cappella dedicata a san Tranquillino, dal trecento in possesso della famiglia nobiliare Pusterla cui era stato concesso il potere di eleggere il parroco della cappella in cambio di una sostanziosa donazione alla diocesi milanese, che veniva portata in processione fino al Duomo, nella forma di un cavallo ripieno di cibo poi distribuito sulla piazza della cattedrale (la cosiddetta facchinata del cavallazzo).
Il tempio di San Sebastiano fu conteso tra Chiesa e Stato di Milano fin dalla sua fondazione. Di fatto l’edificazione del tempio di San Sebastiano fu frutto di un compromesso tra istituzioni laiche e religiose con il progetto gestito dal comune e dalla chiesa e la nomina del cappellano civico predisposto all’officiatura dei riti proposta dal comune di Milano ma ratificata dall’arcivescovo. Fu infatti il governatore spagnolo, il marchese di Ayamonte, a richiede al vicario di provvisione (ossia il funzionario di Milano incaricato di provvedere al vettovagliamento della città) di promuovere un voto per chiedere la fine della peste. Alla proposta aderì immediatamente il vescovo Carlo Borromeo ma entrandovi per così dire “di traverso”: appellandosi infatti a recenti normative regolanti i rapporti tra Chiesa e Stato milanese, il vescovo di Milano sostenne con vigore che qualsiasi progetto di rinnovamento degli edifici religiosi avrebbe dovuto essere sottoposto all’approvazione delle autorità religiose e, analogamente, la nomina del cappellano civico avrebbe potuto essere valida unicamente con ratifica vescovile. Proprio per vincolare l’edificazione della nuova chiesa, il progetto venne affidato all’architetto di fiducia di Carlo Borromeo, Pellegrino Tibaldi.
Pellegrino Tibaldi
La posa della prima pietra avvenne nell’autunno del 1577 e pochi mesi dopo verrà proclamata la cessazione della peste, scegliendo molto simbolicamente, proprio il giorno di San Sebastiano: il 20 gennaio. Dal momento della sua consacrazione, nel 1616, l’amministrazione del tempio di San Sebastiano fu al centro di un estenuante tira e molla tra la curia milanese e gli uffici del governatorato, fino a quando, nel 1861, il tempio di San Sebastiano venne posto sotto la tutela di una “Conservatoria” municipale, con funzioni sia amministrative sia di tutela artistica, con una riserva di appositi fondi messi a disposizione dal Comune. Con il passare dei secoli e con l’espansione della città, numerose case si erano progressivamente addossate al tempio di San Sebastiano, praticamente soffocandolo: fu solo nel 1940 che si procedette ad abbattere gli edifici che si erano appoggiati alla chiesa lungo via Torino, realizzando così l’isolamento esterno del presbiterio. Isolamento che tuttavia ebbe vita breve visto che in epoca fascista venne prontamente innalzato un edificio sull’isolato tra piazza Santa Maria Beltrade e via Torino, rendendo di fatto impossibile s scorgere il tempio di San Sebastiano, anche dalla Piazza Duomo.
Attualmente il Tempio civico di San Sebastiano è di proprietà del comune di Milano che provvede alla sua manutenzione e alle esigenze del servizio liturgico. Ancora oggi, il 20 gennaio, qui si celebra San Sebastiano, con una solenne cerimonia che vede la partecipazione dei Canonici del Duomo, del vescovo e delle Autorità civili.
Il tempio
La costruzione della nuova chiesa poneva un problema che già si era posto al Bramante nell’edificazione di un’altra chiesa situata nelle strette vie del centro di Milano, Santa Maria presso San Satiro. Come accadde nel caso di Bramante infatti, anche Tibaldi si trovò a dover lavorare su uno spazio ristretto, che poneva una sfida al suo talento di architetto. A complicare ulteriormente la situazione, i fondi stanziati dalla Fabbriceria erano tutt’altro che abbondanti. Ma queste complessità, invece di essere ostacolo insormontabile, furono fonte di ispirazione per Pellegrino Tibaldi, che con il suo genio riuscì a volgerle a proprio favore, esattamente come fece Bramante per Santa Maria. Tibaldi ideò un edificio perfettamente cilindrico che, oltre a permettere di superare le costrizioni spaziali ed economiche, racchiudeva in sé forti rimandi simbolici: ai martyria paleocristiani, santuari dedicati ai martiri che si distinguevano proprio per la loro pianta centrale ma soprattutto al Pantheon di Roma, un edificio particolarmente amato dal Tibaldi e che gli ispirò anche la soluzione delle cappelle radiali inserite nello spessore del muro e l’idea della cupola a lacunari, che però non sarà realizzata.
Santa Maria presso San Satiro Pantheon, Roma
L’edificazione di San Sebastiano ha visto all’opera diversi architetti, che si succedettero alla direzione dei lavori dopo il trasferimento di Tibaldi in Spagna nel 1586: prima Giuseppe Meda e successivamente Pietro Antonio Barca. Bisogna dire che, comunque, al momento della partenza del Tibaldi, i lavori erano decisamente a buon punto: il tempio di San Sebastiano era infatti compiuto fino al primo ordine ed era finita anche la cappella maggiore, d’impianto quadrangolare e appena sporgente dal perimetro. I due nuovi architetti apportarono delle modifiche ai progetti iniziali: Meda decise di ampliare la cappella maggiore mentre Pietro Antonio Barca diresse, a partire dal 159, la costruzione del tamburo rientrante rispetto al primo ordine (non previsto dal progetto di Tibaldi) e della cupola. Nei medesimi anni vennero chiuse le finestre termali (un tipo di finestra di ampie dimensioni e di forma semicircolare suddivisa in tre parti, con la parte centrale normalmente più grande rispetto alle due laterali).
Purtroppo, dopo che i lavori furono terminati e il tempio aperto alle funzioni, tra il 1616 e il 1617, si ebbe la brillante idea di aggiungere un nuovo presbiterio alla cappella maggiore, andando così ad alterare la perfetta circolarità dell’impianto immaginato da Pellegrino Tibaldi. Ma sappiamo che al peggio non c’è mai limite e infatti si decise anche di costruire un secondo ordine ionico andando così a coprire l’estradosso (quella superficie esterna visibile della struttura di una volta o di un arco) della cupola. In questo modo venne definitivamente e irrimediabilmente alterato l’aspetto del tempio che Tibaldi aveva ideato come Pantheon lombardo.
Alzato per la chiesa di San Sebastiano nel progetto di Pellegrino Tibaldi
L’esterno di San Sebastiano ha aspetto severo, quasi in contrasto con la morbidezza data dalla circolarità della sua pianta, mantenendo e un insieme di grande coerenza e armonia nonostante le successive modifiche apportate al disegno iniziale di Pellegrino Tibaldi. Il paramento inferiore è scandito da grandi arcate cieche, inquadrate da lesene di ordine dorico che racchiudono otto grandi archi in corrispondenza delle cappelle interne (le lesene sono pilastri verticali di una parete muraria, in genere ripetuti ritmicamente, con funzione sia decorativa sia di rinforzo della parete stessa). Sopra l’architrave si distende un fregio a triglifi e metope decorate con quelli che sono gli attributi di san Sebastiano: le frecce e le palme del martirio. Il corpo superiore, di dimensioni inferiori e suddiviso verticalmente da eleganti lesene con capitello ionico e da una sequenza di nicchie timpanate, presenta una cornice sporgente che funge da balconata mentre la cupola è coronata da un lanternino.
San Sebastiano, facciata Tempio San Sebastiano, scorcio da via Torino
La pianta circolare del tempio di San Sebastiano, oltre a venire incontro ai problemi di spazio di cui abbiamo detto, assume anche una forte valenza simbolica ed emotiva: la circolarità sembra quasi simulare un abbraccio protettivo in con cui l’istituzione religiosa avvolge la sua comunità. Lo spazio interno è scandito da paraste su cui trovano posto gli stemmi di Milano e dei sestieri in cui era divisa la città (le pareste sono pilastri con funzione portanti, incorporati nella parete da cui sporgono a filo).
San Sebastiano, interno San Sebastiano, interno
Lo spazio interno è scandito da paraste su cui trovano posto gli stemmi di Milano e dei sestieri in cui era divisa la città (le pareste sono pilastri con funzione portanti, incorporati nella parete da cui sporgono a filo). Numerose opere decorano San Sebastiano: la cupola è adornata da affreschi del XIX secolo sul tema del “Mistero della Redenzione” realizzati da Agostino Comerio e completati poi da Lazzaro Pasini mentre le quattro cappelle presentano tele del seicento e del settecento. In particolare la seconda cappella di destra, detta dell’Annunciazione, conserva diversi capolavori del Montalto: l’omonima “Annunciazione” e nella lunetta un bellissimo dipinto raffigurante la Strage degli Innocenti. Nella cappella della Pietà, la seconda a sinistra, oltre ad una pregevole scultura in marmo di Carrara di stampo neoclassico opera di Benedetto Cacciatori, trova posto un sarcofago posizionato nel 1970 e contenente la salma dell’internato ignoto morto in campo di concentramento, a commemorazione della Seconda Guerra Mondiale. Una lapide recante una significativa scritta ricorda il senso di tale presenza “Non più reticolati nel mondo, riposa in pace, internato ignoto, nel vigesimoquinto anno dalla Liberazione, 1945 A.N.E.I. 1970”. Infine va citata la cappella di San Sebastiano, anch’essa riccamente decorata: oltre a due tele di Filippo Abbiati, al centro si staglia la copia della tela di Vincenzo Foppa, “La conclusione del Martirio di San Sebastiano” (il cui originale è conservato nella pinacoteca del Castello Sforzesco). Inoltre proprio qui è stata posizionata, nel 1786, la pala d’altare di Sant’Eligio, patrono degli orafi, precedentemente conservata nella chiesetta di San Michele al Gallo (soppressa e distrutta nel medesimo anno): collocata sopra un ricco altare con marmi policromi, raffigura Sant’Eligio con la Vergine e venne realizzata da Andrea Lanzani.
Altare di Sant’Egidio “Annunciazione”- Montalto Cappella della Pietà
L’altare maggiore è ricco di marmi ed anch’esso ulteriormente impreziosito da superbe tele: a sinistra troviamo la tela con la Circoncisione di Gesù, di Federico Barocci, e a destra la grande tela di Francesco Brizzi raffigurante la Vergine con San Francesco. Il coro settecentesco è in noce e radica e presenta notevoli opere d’arte: una tela di Andrea Lanzani, “Santa Caterina di Alessandria”, “San Carlo fra le capanne degli appestati” e “Estasi di San Filippo Neri”, frutto della collaborazione di Antonio Maria Ruggeri e da Federico Bianchi (primi decenni del ‘700).
Nel secolo scorso l’amministrazione comunale ha aggiunto ulteriori elementi decorativi al tempio di San Sebastiano, che ne hanno ulteriormente accresciuto il fascino: ricordiamo, tra queste, le vetrate a opera di Piero Marussig e il portale in bronzo di Giacomo Manzù.
Come arrivare
Il tempio di San Sebastiano si trova nella centralissima via Torino, velocemente raggiungibile dalla sede di International Residence in via Gustavo Modena 4.
Si possono utilizzare i mezzi del trasporto pubblico, sia linee della metropolitana sia di superficie, le cui fermate sono situate a pochi passi di distanza dalla nostra sede.
In alternativa si può decidere di raggiungere a piedi il tempio civico di San Sebastiano con una passeggiata lungo le vie del centro.
Approfondimenti
Per approfondimenti su argomenti toccati in questo articolo, rimandiamo alle seguenti risorse:
Santa Maria presso San Satiro: il capolavoro di Bramante
Palazzo Arese Borromeo: dal 1654
https://www.facebook.com/Civico-Tempio-di-San-Sebastiano-134938453235303/